lunedì 6 febbraio 2012

I racconti del lunedi': Cara mamma

Cara mamma,
da domani comincio uno nuova vita.
Lascia stare i piatti nell’acquaio, fermati e ascolta cazzo!
Si ho detto cazzo, e adesso siediti… dindolino, dondolò questa bimba a chi la do…

Cara mamma,
non riuscirai a comprendere ciò che sto per fare. Forse è soltanto il bisogno di essere diversa da te, dalla regina della casa, la regina del castello… o che bel castello marcondirondirondello…

Cara mamma, stai piangendo? Ti stai domandando in cosa hai sbagliato, di cosa voglio punirti?
Di avermi messa al mondo, cara mamma, di aver scelto che valesse la pena nascere e crescere in questa terra di pazzi, insulsi, inutili parassiti, attaccati alle cose come una tartaruga al carapace. Questa terra dove una come me non trova neanche uno straccio di buco in cui rintanarsi a leccarsi le ferite, ad invocare la fine. Un mondo di merda, un mondo del quale faccio parte.  Per colpa tua, mamma. Giro giro tondo casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra…

Cara mamma,
se davvero mi amassi saresti tu a togliermi questa cazzo di vita, Mi abbracceresti forte e con l’unico slancio di tenerezza di cui sei mai stata capace, mi lambiresti i polsi con una lametta. Mi canteresti una dolce ninna mentre il mio stupido sangue scorre via liberandomi, liberandoci da questa schiavitù. Ninna nanna mamma, portami con te, nel tuo letto grande solo per un po’, una ninna nanna io ti canterò, e se ti addormenti mi addormenterò…

Cara mamma,
tu non sai quanto mi sia impossibile e difficile e angoscioso il solo pensare a te. Ai tuoi lamenti, alle tue paure, a quella tua voce cantilenante che mi raggiunge ovunque, nel sonno e nella veglia, in salute e in malattia, in ricchezza e povertà… finché morte non ci separi. Quando, quando la morte verrà a separarci? Quando questo matrimonio ignobile, incestuoso, schifoso avrà fine? Ambarabaciccicoccò tre galline sul comò che facevano l’amore con la figlia del dottore, il dottore s’ammalò ambarabaciccicoccò…

Cara mamma,
come vorrei che quel tuo viso gonfio per lo sforzo del pianto, quella tua espressione attonita ti scoppiassero sulla faccia, tra rughe mendaci, scavate da una preoccupazione che era solo per te, per la tua squallida, inutile esistenza.
Perché mi hai voluta? Per compiacerti della tua capacità di procreare? Per dimostrare all’unico, povero, stupido maschio capace di sopportarti che bramavi il suo seme? Povero stronzo, mio padre.  Ottuso, incapace, illuso di poter creare qualcosa di positivo insieme a te.  Hai visto mio marito? Di che colore era vestito?

Cara mamma,
cosa c’è stato di positivo nella vostra vita? Nulla, nulla, nulla. Avete sottratto aria, e acqua e cibo e spazio ad altri. Siete stati un ingombro e tale avete creato me.
Vi maledico, e maledico i vostri genitori per avervi creati. Un ammasso di carne, di acqua e sangue schiavo di bisogni fisiologici e deleteri impulsi. Questa la vostra condanna. Questa la mia. Sette, quattordici, ventuno, ventotto, questa è la conta di paperotto…



Cara mamma,
continui a mescere aride lacrime da quei tuoi occhi bugiardi e chiedi pietà, chiedi il silenzio. E tu, tu ci hai mai fatto un simile regalo? Per un volta, una volta soltanto, hai tenuta chiusa quella cazzo di bocca lasciandoci il diritto di pensare, fare, baciare, lettera… testamento…

Cara mamma,
non sono pazza. La mia unica e sola ricchezza è la consapevolezza di quale grande sbaglio stavo per compiere.
Cara mamma, si, sono i tuoi ferri da lana e no, in nome di Dio, non mi fermerò. Mannaggia al diavoletto che c’ha fatto litigà, pace, pace e LIBERTA’

Loredana Falcone

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