venerdì 13 luglio 2012

Soggettiva di ZG: Nient'altro che amare di Amneris Di Cesare

Chiariamo subito un punto. Io e l'autrice di questo romanzo non siamo d'accordo su una cosa fondamentale: l'attribuzione di genere. Come è facile evincere dalla copertina, questo romanzo è stato inserito dall'editore Centoautori nella collana Palpiti. Lo recita lapalissianamente la fascetta in alto, non a caso fucsia e con un bel cuoricino per far capire anche ai più tardi tra i lettori che siamo di fronte a un libro ROSA. Secondo me questo è un errore clamoroso. Intanto è notorio che i lettori maschi leggono poco le femmine. Intanto è notorio che i lettori maschi si piccano di disprezzare i cosiddetti libri d'amore. E soprattutto, se aveste letto questo romanzo, sapreste che NON è un libro d'amore e che l'autrice, che stimo come persona oltre che come scrittrice, si fa un grosso torto in questa autoghettizzazione di genere.
Chiarita la premessa, andiamo a spiegare. Nient'altro che amare (il titolo non mi fa impazzire, tante volte non si fosse capito) è un romanzo. Punto. E' una storia, una bella storia. E' uno spaccato sociale. E' una testimonianza di quale inferno potesse (possa?) essere la vita di una donna in un contesto provinciale e chiuso che l'autrice colloca nel meridione d'Italia (siamo in Calabria) ma atteneva (attiene?) a molte altre realtà geografiche. La protagonista assoluta è una donna al di fuori di qualsiasi scontato cliché normalmente venga associato al genere rosa. Non è bella Maria, detta 'a zannuta. Ha i denti davanti irrimediabilmente sporgenti che le danno un'espressione da ciota, da stupida. Non è ricca, non è elegante, non è colta. Per i suoi compaesani non è neanche una brava donna, anzi. E' decisamente una zoccola. Perché sebbene nasca e viva in una realtà repressa e repressiva (delle donne sia chiaro), le piace fare sesso. Le piacciono gli uomini. E accetta di buon grado ogni figlio che il suo ventre concepisce. Ne partorirà sei, ne perderà, a vario titolo, tre. Si guadagnerà da vivere lavorando duro, sgobbando, prostituendosi anche. Maria è un personaggio vero, vivo, palpitante. Una che non si piange addosso, anzi, decide di non versare più una lacrima subito dopo la perdita lacerante del suo primo bambino, partorito dopo una violenza a sedici anni. Maria non si arrende alla vita. Continua a crederci, a combattere, a vivere a dispetto della rabbia delle beghine, dell'odio delle malelingue, del disprezzo e del desiderio incattivito degli uomini che la vogliono possedere e umiliare. Eppure non ci riescono. Mai. Questo romanzo è la storia, credibilissima (io una Maria l'ho conosciuta, era una zia di mia madre ed ebbe sei figli anche lei, nella Sicilia del dopoguerra, da sei padri diversi), della vittoria di una persona che ha opposto se stessa alle convenzioni sociali, ai diktat di una moralità ipocrita. E' la storia di una donna che è stata capace di amare e perdonare, di darsi nella piena consapevolezza del proprio corpo, di agire con l'altruismo totale che solo un amore di madre rende possibile. Vi consiglio di leggerlo, questo romanzo. E' scritto bene, con il passo piano e semplice di un narratore di quelli di una volta. Di quelli che lasciano che sia la storia al centro dell'attenzione del lettore, non le capriole dello stile o l'originalità ad ogni costo del linguaggio. Vi consiglio di leggerlo senza lasciarvi fuorviare dal titolo, dalla fascetta fucsia, dalla collana Palpiti, dal cuoricino. Perché Maria è una donna, non la cenerentola di turno. Perché gli uomini che incontra sono uomini veri, non principi azzurri. Perché il vissero felici e contenti ve lo scordate. E dopo averlo letto sarete d'accordo con me. Nient'altro che amare è un romanzo. E con i cliché degli Harmony non ci azzecca proprio niente.

ZG

7 commenti:

  1. grazie Laura. La stima è assolutamente reciproca e soprattutto l'onore di esser letta da te è enorme.

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  2. Brava ZG: apprezzo il tuo coraggio di dire quello che pensi senza ipocrisie e infingimenti. Anzi con estrema chiarezza. Condivido in pieno il tuo giudizio e credo che sia profondamente vero. Il tentativo maldestro di camuffare questo grande romanzo facendolo passare per una storiella di cuoricini rosa non rende giustizia nè all'autrice, nè alla sua opera, la quale, come tutte le grandi opere ha una valenza universale di testimonianza e di denuncia. Nel caso del romanzo la denuncia dell'ipocrisia dell'ambiente, della sua violenza fisica e psicologica, dei suoi disvalori e pregiudizi è potente. Tuttavia mi sembra che tu stessa commetta un errore quando tenti di rivalutare la protagonista assegnandole in qualche modo il ruolo di eroina. Quando dici ad esempio: "E' la storia della vittoria di una persona che ha opposto se stessa alle convenzioni sociali, ai diktat di una moralità ipocrita". A me pare, leggendo e rileggendo il romanzo, che la protagonista sia TUTT'ALTRO che un'eroina. Da nessun punto di vista. E' una vittima che tenta di sopravvivere e basta. Una vittima che tenta di SOPRAVVIVERE, utilizzando tutti i mezzi possibili, leciti e illeciti, nobili e meno nobili. Non c'è niente di eroico in ciò. In fondo è la stessa cosa che fanno le vittime dei campi di concentramento concedendosi al loro kapò.
    Quello che veramente c'è scritto in quelle pagine (non quello che vorremmo leggere) è la storia di una umanità derelitta destinata a soccombere anche quando in certi piccolissimi istanti sembra avere una rivincita.

    Giuseppe Pipino

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    1. Per me la sua sopravvivenza in quell'inferno è una vittoria. E solo la forza di volontà di una donna forte poteva portarla a sopportare ciò che ha saputo sopportare. Non sono d'accordo con la tua analisi, forse perché considero eroi della sopravvivenza anche i superstiti dei lager (a questo proposito uscirà a breve un romanzo su questo tema, nostro romanzo)

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  3. E' uno spaccato sociale. E' una testimonianza di quale inferno potesse (possa?) essere la vita di una donna in un contesto provinciale e chiuso che l'autrice colloca nel meridione d'Italia (siamo in Calabria)

    Ugh. Di che colore è la fascetta del genere «edificante, politically correct»?

    E' scritto bene, con il passo piano e semplice di un narratore di quelli di una volta.

    La domanda viene spontanea: se è questo che uno cerca, perché non rivolgersi addirittura agli sperimentati «scrittori di una volta»?

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    1. Magari perché li ho già letti? Magari perché mi incuriosisce leggere stili diversi? Magari perché mi piace spaziare? Poi, sia chiaro, il mio è un consiglio, mica un ordine. Ognuno legga quel che preferisce, esattamente come faccio io.

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  4. Bellissima recensione per un bellissimo libro!

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  5. ottimi commenti, condivido l'aspetto più sociologico che non sentimentale. A giorni arriverà anche la mia recensione. Isa

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