giovedì 20 dicembre 2012

La fine del mondo...

Ammettiamolo. Ci stiamo pensando. Sul serio. Domani sarà il 21/12/2012. La fine del mondo, secondo il calendario Maya. Il fatto che tg nazionali si sentano in dovere di dedicare servizi e approfondimenti all'evento, per spiegarci che la data è frutto di un'interpretazione sbagliata del calendario precolombiano, la dice lunga sulla presa che la profezia ha avuto in anni (pare se ne parli dal 1975) di martellamento mediatico. Adesso ci siamo. Solo che la fine non è un sipario che cala bruscamente. È un processo in divenire e lo abbiamo sotto gli occhi. La fine del mondo, del mondo come lo abbiamo concepito negli ultimi decenni, è accaduta. Anzi, continua ad accadere. E se il primo a decifrare il calendario Maya si è sbagliato sulla data, possiamo però dargli  ragione sull'annus horribilis che ci siamo trovati a vivere. Duemiladodici. Oltretutto bisestile, per non farci mancare nulla. Abituati come siamo a piangerci addosso, la fine del mondo per noi italiani passa dalla rata definitiva dell'Imu, dal carobenzina e dal calo dei consumi, prima ancora che dalla scoperta che i nostri amministratori, da qualunque lato dell'arco costituzionale provengano, son convinti di potere e dovere vivere a nostre spese. Abbiamo, tutti noi, pagato le cartucce dell'amministratore con la passione venatoria o le creme di bellezza dell'igienista dentale. Intanto da gennaio a oggi sono state moltissime (100? 120? 80?) le donne assassinate da uomini che le consideravano una proprietà inalienabile. Intanto un giovane su tre è disoccupato e lo resterà. Intanto la nostra principale risorsa, il patrimonio artistico, se ne va in malora. Pompei si sgretola. Gli scavi si ricoprono di terra e deve lanciare un appello un australiano, Russel Crowe, per perorare il salvataggio della tomba del gladiatore Macrino. Il comune di Roma 3 milioni di euro non li ha. Ma se alziamo lo sguardo dalle disgrazie nazionali vediamo che in Spagna si sono suicidati in 7 negli ultimi tre mesi. Erano stati sfrattati. La crisi economica picchia duro. Mai quanto le bombe. Decine, forse centinaia i morti per i bombardamenti israeliani contro la striscia di Gaza. Mai quanto un dittatore. Centinaia, forse migliaia, le vittime in Siria nello scontro tra ribelli e truppe del presidente Assad. Mai quanto le pistole. A Denver, quest'estate in dodici morirono in un cinema per il raptus di un folle. A Newtown, piccolo centro del Connecticut, sono morti in 26 sotto i colpi a bruciapelo di un ventenne disturbato. America sotto choc, Obama in lacrime, lobby dei costruttori d'armi decise a tenere la posizione a ogni costo.

Non sono le pistole a sparare, sono le persone.
Non sono gli speculatori, è la crisi.
Non sono gli amministratori ladri, è l'antipolitica.
Non sono gli uomini violenti, è il raptus.
Non sono i Maya, è che il mondo è già finito.

Laura Costantini

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