mercoledì 23 gennaio 2013

Diritto all'oblio?

Si chiama così, diritto all'oblio. È compreso tra i diritti inalienabili la cui tutela è garantita dall'articolo 2 della nostra Costituzione. È il diritto di ognuno di noi a essere dimenticato. Anzi, a non essere ricordato per fatti che in passato siano stati oggetto di cronaca. Se abbiamo commesso un reato ieri, abbiamo il diritto di pretendere che non se ne parli più, domani, sulla stampa e sui mezzi di comunicazione. In testa a tutti, la Rete. Il tema è complesso, controverso e spesso affidato alle dotte opinioni degli addetti ai lavori, tra giurisprudenza e media. Ma negli ultimi giorni il diritto all'oblio è uscito dall'ombra almeno due volte. Ce la ricordiamo tutti Erika Di Nardo. Con buona pace del dettato costituzionale, se una ragazzina di 14 anni, insieme al fidanzato, massacra a coltellate la mamma e il fratellino, l'oblio ha perso in partenza. Siamo un paese innamorato della cronaca nera. Seguiamo come e più delle soap-opera, le vicende processuali legate agli omicidi prodotti dalla provincia italica. Ci appassiona cercare nei volti e negli sguardi la traccia lasciata dal male. E spesso non la troviamo. Erika, che vuole l'oblio ma affida ai media lo sfogo per l'attenzione della gente che le sarebbe costata il lavoro di commessa in una selleria, ha un volto pulito e uno sguardo limpido. E proclama di non essere più la protagonista del delitto di Novi Ligure. Vuole essere lasciata in pace. Lo sterminio della sua famiglia, le bugie sui rapinatori albanesi, l'incauta chiacchierata col complice Omar le sono costati 11 anni di galera. Ha pagato il suo debito. Può, lei, andare oltre. Dobbiamo, noi, dimenticare la sua faccia e il suo nome. Non sappiamo se sarà mai possibile, ma il diritto all'oblio è tornato alla ribalta con un'iniziativa sul web. Un sito ha messo online i volti di tutte le donne vittime di femminicidio. Un chiaro invito a non dimenticarle. Ma sono online anche i volti dei loro carnefici. Uomini comuni, facce quotidiane, insospettabili che i vicini, dopo ogni tragedia, qualificano invariabilmente come "brave persone". La polemica è sorta istantaneamente trovando terreno fertile nel campo minato della violenza di genere. Molti di quegli uomini, dopo aver assassinato, si sono tolti la vita. Molti sono in galera, già condannati. Molti aspettano appelli e controappelli per strappare qualche anno di carcere in meno. Mettere le loro facce e i loro nomi sul web significa renderli indimenticabili. Significa che nel loro futuro, per quelli che un futuro lo avranno, resterà il marchio di ciò che hanno fatto. La giurisprudenza ci dice che non è giusto. Quelle foto e quelle didascalie ledono i loro diritti, nessuno può negarlo. Ma se si può accettare che due ragazzini, quali erano Erika e Omar al momento del delitto di Novi Ligure, possano crescere, cambiare, capire, più difficile è concedere a persone adulte il beneficio del dubbio. Il loro diritto all'oblio diventerebbe una condanna all'oblio per le loro vittime. Uccise, così, due volte.

Laura Costantini

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