Rifletto. Mi capita. Anzi,
direi che è la mia attività principale. E non sono uno specchio. Okay, la
battutaccia la dobbiamo al caldo. Ma, dicevo, rifletto. Chi mi segue sa che da
tempo mi interrogo sulla scrittura. E sulla scrittura delle donne. Ho intervistato
un bel po’ di autrici, ne ho ricavato un saggio (https://www.bookrepublic.it/book/9788896656815-scrivere-non-e-un-mestiere-per-donne/)
e non ho mai nascosto il fastidio che provo per il radicato pregiudizio in base
al quale a una firma di donna in copertina, corrispondano per forza pagine dedicate
a una storia d’amore. Un fastidio spesso condiviso dalle autrici che ho
intervistato. Averne parlato mi ha procurato non pochi scontri con
lettori/scrittori maschi convinti che il sillogismo sia “le donne parlano solo d’amore – le donne scrivono libri – i libri
delle donne parlano solo d’amore”. Potremmo facilmente dimostrare che non è
così, ma non è di questo che voglio parlare adesso. Perché l’amore è l’argomento
principe del 99,9% delle storie da che esiste la scrittura. E anche prima. Raccontarne
è una pulsione insita nell’animo umano, a prescindere dal cromosoma X o Y. La
questione è come lo si racconta. Ed è qui che voglio introdurre il concetto di “femminismo rosa” per il quale rimando al
blog di Mara Roberti https://rosapercaso.wordpress.com/
con un sottotitolo che è tutto un programma. Ovvero “O di come una femminista convinta iniziò a scrivere rosa”. Una
dichiarazione che è un distillato di coraggio perché l’immagine che si associa
oggi al termine femminista è
descritta da poche parole: brutta, vecchia, zitella, acida. Non conosco
personalmente Mara Roberti ma sono certa che neanche una di queste quattro
categorie le appartenga. Mentre sicuramente le appartengono intelligenza e
ironia, quelle con cui affronta l’apparente dicotomia tra l’essere femminista e
lo scrivere storie d’amore. Il femminismo rosa esiste. Lei lo ha messo nero su
bianco, ma a ben guardare è sempre esistito. Riconoscerlo è facile. Ogni volta
che un romanzo ci propone figure di donne descritte a tutto tondo, con pregi e
difetti, capacità e carenze, momenti di forza e attimi di debolezza. Ogni volta
che non si indulge nello stereotipo della fanciulla in difficoltà che mai
verrebbero superate se non intervenisse il principe di turno. Ogni volta che la
conquista e l’espressione del sentimento non sono il solo motivo di vita per la
protagonista. Ogni volta che i ruoli non sono cristallizzati in preda e
cacciatore, in candida colomba e lupo tenebroso. Ogni volta che la storia d’amore
è, anche, storia di vita, percorso di realizzazione, ricerca del meglio per sé.
Ritengo che le scrittrici abbiano, oggi più che mai, compiti importanti: spezzare i limiti della
banalizzazione, mostrare al lettore donne vere, persone complete. Non vuol dire
rinunciare alla storia d’amore. Tutti i libri ne contengono una, anche quelli
del più macho degli scrittori. Ma mettere nero su bianco un rapporto paritario.
E reale. Perché di donne disposte a perpetuare lo stereotipo dell’angelo del
focolare se ne incontrano sempre meno. Per fortuna.
p.s. se vi va, sull’argomento
c’è la mia chiacchierata con Florelle
Grazie di cuore per il bellissimo post, per i complimenti e per aver colto alla perfezione il senso del #femminismorosa, come lo intendo nel blog e come credo che stia prendendo piede. Non è facile, ma l'hai definito perfettamente!
RispondiEliminaBellissimo post!
RispondiEliminaScrivere E' un mestiere per donne, dato che le donne leggono di più. E perciò stanno diventando più selettive ed esigenti. Mi auguro che sappiano raccogliere e rilanciare la sfida del #femminismorosa che, beninteso è sempre esistito ma ultimamente è stato un po' dimenticato.
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RispondiElimina@Rosapercaso Mi sei stata ispiratrice.
RispondiElimina@Laura Schiavini, dimenticato sì. Sta a noi farlo risorgere.
Complimenti! Lieta di averti nel gruppo.
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