Autismo.
Un concetto complicato, una patologia complicata, che rende la vita quotidiana complicata, ardua da affrontare. Ma gli educatori
devono abituarsi a gestire ogni tipologia di bambino, con le proprie
peculiarità, comuni o inusuali.
Tutte
maestre, qualche maestro, e alcuni genitori in difficoltà. Comunque una sala
gremita di persone concentrate sul simposio tenuto dalla dottoressa arrivata da
lontano, che sembrava avere una scomoda verità nelle sue tasche.
Giovanna
era un po' maestra e un po' mamma, anche se i suoi figli, grazie al cielo, non
avevano mai mostrato sintomi preoccupanti, che potessero far sospettare di
rientrare nello spettro autistico. Ma proprio perché mamma, nonostante la sua
professionalità la spingesse a prestare attenzione ai dati esposti, controllava
sempre più spesso l'orologio da polso, programmando mentalmente le attività da
svolgere alla fine di quel corso di aggiornamento.
Dunque, vado a prendere Alba al nido e poi passo dai miei a
recuperare Ettore, così che... No, meglio andare al supermercato solo con
Alba....
Da
sola, con due bambini, fare la spesa diventava un inferno.
Scosse
il capo costernata, sbattendo le palpebre nell'incredulità: era la terza volta
che il quadrante glitterato del suo Swatch le rimandava lo stesso orario, le
quattordici e quattordici.
Fissò
più attentamente le lancette che, effettivamente, sembravano bloccate: quella
più sottile, dei secondi, eseguiva flebili vibrazioni avanti e indietro, come
le ali di una mosca agonizzante. Infatti, non ci aveva fatto caso, ma il
fastidioso ticchettio aveva cessato di tenerle compagnia già da un po'.
Orologio fermo, che disdetta!
Cercando
di mantenere una certa compostezza, Giovanna inclinò il collo prima alla sua
destra, poi a sinistra, cercando di sbirciare i polsi delle sue vicine; ma
nessuna di loro portava un orologio.
Maledetti cellulari. Inveì in cuor suo. Hanno guastato ogni più semplice convenzione sociale!
Le seccava disturbare qualcuno per chiedere l'ora e alzò il capo
nella speranza di scorgere un orologio da parete, nascosto dietro a una delle
colonne dell'aula magna in stile Neoclassico.
Facendo vagare lo sguardo avanti a sé, notò che più di qualcuno
sembrava spaesato, nel fissare attonito il display dello smartphone, per poi
guardarsi attorno alla ricerca di una risposta all'evento bizzarro.
Persino il relatore accanto alla dottoressa appariva in
difficoltà, mentre picchiettava convulsamente con l'unghia dell'indice sul
quadrante del proprio orologio -almeno qualcuno aveva mantenuto le buone
abitudini- e iniziava a sudare freddo.
Nel giro di pochi minuti, scosse di panico iniziarono a
serpeggiare per la sala: tutti si stavano rendendo conto che il tempo si era
fermato. A dire il vero, si erano fermati gli orologi, compresi quelli digitali
più sofisticati; ma l'impressione era quella di trovarsi fuori dal tempo,
imprigionati in un minuto eterno, il quindicesimo dopo le quattordici.
L'unico tranquillo nell'aula era un bambino, seduto pacifico
all'estremità della prima fila, a giocare con il suo Gameboy. Un vero Gameboy,
non un moderno DS, 3 DS o quelli lì, il classico, enorme, Gameboy anni '90.
A quel punto, nella platea le voci iniziarono a confondersi in un
unico assordante brusio e la relatrice si vide costretta a interrompere il discorso,
disturbata dalla commozione dell'uditorio.
La donna sembrò confusa, sul punto di chiedere il motivo di quel
trambusto; poi controllò l'orario sull'orologio del leggio e sorrise, assumendo
un'espressione imbarazzata.
L'ambiente era tornato silenzioso perché le reazioni della
dottoressa avevano catalizzato l'attenzione generale, ancor più che durante le
spiegazioni precedenti.
Giovanna la osservò mentre si schiariva la voce, prima di
irrigidire la schiena e riprendere a parlare, con voce più dolce, rispetto alla
monotona esposizione.
«Giorgio, ti dispiace?» richiamò il bambino.
Il piccolo sollevò il capo, come svegliandosi da un momento di
trance e annuì compito.
In quel momento, la magia che aveva legato i presenti svanì, e
gli orologi ripresero a funzionare.
«Mi dispiace» riprese la relatrice, senza abbandonare
l'imbarazzo. «Non ci sono prove che questo... ehm... disturbo... sia legato
alla patologia; almeno non tutti i bambini autistici ne sono capaci. Ma a mio
figlio succede, quando è particolarmente concentrato. Blocca il tempo.»
Era un'affermazione pazzesca, fuori da ogni logica.
Anacronistica.
Ma la dottoressa, che sembrava aver assunto un'aura di
particolare autorevolezza nella sua postura, concluse l'esposizione con
un'ultima battuta a effetto.
«Signori, anche questo è autismo!»
Lo scroscio di applausi fu assordante, tanto da destabilizzare un
po' tutti e permettere all'eminente dottoressa di scomparire assieme al figlio.
Nessuno avrebbe parlato di quell'esperienza surreale, insicuri
sull'effettiva manifestazione del fenomeno. Ma per un minuto erano stati
accomunati da un destino comune, che aveva permesso a tutti di toccare con mano
come potesse sentirsi un individuo che vive costantemente fuori dal tempo e
dallo spazio.
Erano ben lontani dal comprendere fino in fondo l'Universo
Autismo, ma in quel minuto ci erano andati vicini, e all'uscita, tutti avevano
il cuore più sollevato, guardando al dopo con più ottimismo.
Una storia bella e piena di poesia.
RispondiEliminaHo scritto qualcosa sul tema, faccio copia ed incolla
il 2 aprile è la giornata mondiale dell'autismo, ho partecipato con questa piccola storia di fantasia
Signore onnipotente,
sono un angelo custode alle prime armi, non ho neanche un nome, vengo identificato solo con un numero.
Tu sei onnisciente e sai benissimo chi sono.
Ti chiedo scusa se mi rivolgo direttamente a te senza seguire la normale gerarchia angelica.
Ho chiesto chiarimenti al mio angelo coordinatore, ma non mi ha voluto o saputo rispondere.
Mi è stato assegnata la custodia di un cucciolo umano di nome Federico, ora ha sette anni terrestri ed è affetto da una …sindrome? … Una difficoltà? Che i medici umani definiscono autismo.
Forse tu sei troppo impegnato ad occuparti di tutto l'Universo per preoccuparti e occuparti di ogni singolo cucciolo umano. È vero ve ne sono milioni sulla terra, ma Federico è un cucciolo speciale!
La questione è molto semplice, comprendo che la tua volontà è insondabile, ma mi spieghi la ragione per cui nascono questi cuccioli umani con i pensieri, le idee, le emozioni e i sogni come quelli di Federico che riescono a mettersi in connessione con gli altri umani,con gli uccelli, con i fiori, con la musica, ma non riescono ad uscire dal proprio guscio?
Sono convinto che siano tutti umani di livello superiore e forse per questo hanno difficoltà a comunicare con gli altri.
Ebbene Signore mio, perché tutto questo?
Il tuo fedele servo
Angelo Custode 3545786
Mio caro Angelo,
continua a fare il tuo mestiere di custode, con precisione ed attenzione. Nella mia infinita bontà ti rispondo per toglierti ogni dubbio e perplessità. Chi te lo ha detto che il tuo Federico e gli altri come lui sono isolati? Essi hanno una percezione e una sensibilità che neanche puoi immaginare...
Anche tu sei stato così, nella tua vita terrena e di cui non hai memoria, ma visto che hai tanti dubbi, ti svelo il segreto. Sono angeli mandati sulla terra per cambiare il mondo, per renderlo migliore, per insegnare agli umani che il silenzio, l’emozione, la semplicità, l’innocenza, sono valori immensi, insostituibili.
Mi raccomando, mantieni il segreto!
Con affetto
Dio Padre Onnipotente
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Raffaele Abbate