lunedì 30 aprile 2018

FalconeCostantini: La regina delle rose


“Ragazzi, attenti a non calpestare le… fresie, sbaglio?”
“Iris”, corresse con un sorriso Cristina, la padrona di casa. “Faccio strada.”
La porta si schiuse su un lungo corridoio le cui pareti erano tappezzate di tele.
“Sono opera sua?”, chiese la giornalista fermandosi ad ammirare una natura morta dai toni allegri.
“La mia seconda passione, dopo le rose ovviamente.”
Di nuovo quel sorriso, aperto, gioviale. Il sorriso di una donna che ha trovato la propria ragion d’essere negli hobby che la famiglia non le aveva permesso da giovane.
Laura Costa, punta di diamante della rubrica “Donne in fiore” la seguì con la troupe in salotto.
“Va bene qui?”, chiese Cristina indicando il divano in rattan.
“Benissimo, anche la luce mi pare buona. Vero Giovanni?”
L’operatore diede l’okay con il pollice e cominciò a sistemarsi.
“Allora”, esordì la giornalista sedendo compunta sui cuscini ricamati a mano, “come ci si sente ad essere nominata Regina delle rose 2009?”
“Non me lo aspettavo. Il mio è solo un piccolo hobby, non sono certo una professionista.”
“Adesso non faccia la modesta. La tonalità delle sue Violet Red fino a oggi sembrava irraggiungibile dalla floricoltura. Lo sa che io sono qui anche per carpirle il segreto, vero?”
“Per intanto che ne direste di una tazza di tè al gelsomino?”, si schermì tirando dietro l’orecchio una ciocca dei lunghi capelli color della luna.
Laura prevenne il rifiuto dei due ragazzi.
“Una tazza di tè è proprio quello che ci vuole.”
“Con permesso.”
Attese che la sua ospite sparisse in cucina per inquadrare la troupe.
“Mi raccomando, attenti a dove mettete i piedi, evitate il turpiloquio e soprattutto niente fumo, siamo intesi?”
“Sì”, rispose Giovanni agganciando la telecamera sul cavalletto, “però il tè ce lo potevi risparmiare.”
“Evitare un caffè non può farti che bene. E poi il gelsomino è distensivo.”
“Esatto”, le diede manforte Cristina. “Il tè al gelsomino ha virtù rigeneranti, depurative e rilassanti. Ho portato anche dei biscotti e delle tartine con marmellata di pomodori verdi, una mia ricetta.”
Posò il vassoio sul tavolino di rattan e andò a sedersi accanto a Laura.
“Che ne direbbe se cominciassimo subito? Così il vassoio ci fa da scenografia. Se poi fosse possibile avere anche le rose della vittoria…”
“Sono proprio lì, dietro ai giovanotti. Vado a prenderle.”
“Lasci, ci pensa Paolo.”
Memore delle raccomandazioni della giornalista, Paolo trattò il vaso di cristallo come una reliquia. Le rose, di un punto di rosso tanto scuro da sfiorare il nero, contrastavano con l’ambiente solare di quel salotto e Laura pensò che sembravano… carnose.
“Le piacciono?”, chiese Cristina con manifesto orgoglio.
“Moltissimo”, mentì chinandosi ad odorarne i petali.
“Non hanno profumo”, la prevenne. “La natura non fa sconti. A tanta bellezza non si poteva aggiungere il piacere di un buon odore.”
Laura pensò che la donna era stata benevola con la propria creazione. Le Violet Red puzzavano. Il loro effluvio era un misto di ferro e rame.
“Okay, cominciamo?”
Impugnò il microfono e attese il via di Giovanni.
“Siamo qui a Lanuvio, nei pressi di Roma, a casa della signora Cristina Boe che si è aggiudicata l’ambitissimo titolo di Regina delle Rose 2009 con le sue Violet Red. Ovviamente l’abbiamo raggiunta per carpirle il segreto di tanta bellezza…”
Cristina non avrebbe mai pensato che potesse essere divertente sottoporsi alla curiosità dei media. L’intervista era scivolata via insieme al tè, ai biscotti e anche alle tartine con la marmellata di pomodori verdi, rigorosamente del suo orto. Perfino i ragazzi della troupe avevano preso confidenza e, accettando di darle del tu, avevano implorato un caffè. Le dispiacque quando li vide smontare il cavalletto e accingersi a riprendere la strada per Roma.
“Volete vedere il giardino prima di andare?”, chiese speranzosa indicando il retro della casa.
“Volentieri. Ti dispiace se facciamo qualche copertura?”
“Prendete tutte le immagini che volete.”
Il giardino era rigoglioso. Protetto da una bassa siepe di bosso aveva una sua armonia di colori nella totale assenza di un ordine prestabilito. Un tipico giardino inglese che faceva corona al roseto straripante di petali rosso sangue.
“Pensi di mettere in vendita la talea?”, chiese Laura.
Cristina scosse la testa.
“Vedi, i fiori sono degli esseri viventi e ripagano chi si prende cura di loro. Tra me e le mie rose c’è un rapporto particolare. Escludo che possano crescere così belle nel giardino di qualcun altro.”
“Eppure non posso credere che amore e dedizione siano gli unici ingredienti. Alla fine sei stata molto abile a schivare le mie domande. Insomma, in tutta confidenza, cos’è che fa crescere così le tue rose?”
Cristina le offrì il suo tenero sorriso.
“Te lo dirò se tornerai a trovarmi. Da sola. Mi è piaciuto tanto chiacchierare con te.”
Li accompagnò al vialetto d’ingresso e sventolò la mano fino a quando la station vagon non ebbe svoltato l’angolo. Era orgogliosa per l’attenzione che le sue rose avevano meritato. E anche per la curiosità che, ne era sicura, avrebbe riportato Laura a casa sua.
Tornando sui propri passi si accorse che uno dei cespugli delle Violet Red meno esposto ai raggi del sole stava producendo dei boccioli leggermente più chiari degli altri.
“Occorre un rinforzo, bambine mie”, sussurrò prendendo le chiavi della cantina.
Nel piccolo frigorifero in fondo alle scale, le bottiglie erano ordinatamente disposte ed etichettate.
“Pasquale… Enrico…Carlo… Lory… Il sangue di una donna generosa. Proprio quello che ci vuole per le mie piccole.”

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